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“Il coraggio di guardarsi dentro”: Adolescenza, paura e individuazione, identità e doppia mitologia. 

  • Fiori d'Acciaio
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 14 min
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C’è una frase, nella quarta puntata dell’ultima stagione di Stranger Things, che mi è arrivata, come un cazzotto nello stomaco, aprendo in me scenari, immagini, riflessioni.

In quella frase c’è qualcosa che tocca qualcosa di profondo e universale:


“Cercavo risposte negli altri, ma dentro di me c’erano già. Dovevo solo smetterla di avere tutta quella paura. Paura di chi ero davvero. Una volta fatto questo mi sono sentito libero, come se potessi volare.”


Queste parole descrivono con straordinaria precisione ciò che molti adolescenti vivono oggi: un conflitto interiore tra ciò che sentono di essere e ciò che credono di dover mostrare al mondo. È il nucleo stesso del processo di individuazione, come definito da Jung: il lungo viaggio verso un’identità autentica, che richiede di integrare parti luminose e parti oscure, ferite e potenzialità.


Stranger Things, con la sua miscela di fantasia, trauma, amicizia e oscurità, diventa una sorta di contenitore di una mitologia contemporanea, capace di parlare a ragazzi e adulti attraverso simboli antichi e moderni. I personaggi della serie incarnano infatti archetipi psicologici ben riconoscibili, e possono essere accostati tanto alle figure della mitologia classica quanto ai supereroi dei fumetti, a me tanto cari nel lavoro con l’adolescenza.

Due linguaggi diversi, ma entrambi capaci di illuminare il cammino complesso dell’essere adolescente.

 


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Undici: integrare l’Ombra per ritrovare il proprio potere

Nella storia di Undici troviamo l’archetipo di Persefone, la fanciulla strappata alla luce e condotta nel mondo sotterraneo. Come lei, Undici è cresciuta nell’oscurità, tra manipolazione e isolamento; e come lei deve attraversare il proprio “inferno” per scoprire chi è veramente.

In chiave moderna, Undici ricorda Jean Grey / Phoenix, la mutante degli X-Men che deve imparare a contenere, conoscere e integrare un potere enorme che rischia di distruggerla. Il viaggio di entrambe è un movimento dalla paura verso la piena accettazione di sé.

Ciò che unisce Persefone, la Fenice e Undici è un archetipo antico e potentissimo: il viaggio di chi attraversa il buio per ritornare alla luce trasformato. Sono figure molto distanti nel tempo e nello stile narrativo, eppure raccontano la stessa dinamica psicologica. Persefone viene trascinata negli Inferi e costretta a confrontarsi con una parte di sé che non conosceva; la Fenice muore tra le fiamme e rinasce dalle proprie ceneri; Undici cresce nel buio di un laboratorio, segnata dalla separazione, dal trauma e dalla paura di sé stessa. In ciascuna di loro c’è una discesa, un momento in cui la vecchia identità si frantuma e nulla sembra più familiare.

Ma ciò che davvero le accomuna non è la caduta, è il modo in cui ne emergono. Nessuna torna come prima. Persefone risale alla superficie ma porta con sé la regalità e la forza di chi ha governato gli Inferi. La Fenice, dopo ogni annientamento, rinasce più potente, più consapevole. Undici, dopo ogni scontro con il proprio passato, scopre parti nuove di sé, meno spaventate e più integrate. In tutte e tre, il dolore non distrugge: trasforma. È il passaggio dall’Ombra al Sé, il momento in cui ciò che sembrava una ferita diventa una soglia.

La loro vera rinascita avviene quando smettono di temere la propria natura. È questo il cuore della frase che chiude la quarta puntata dell’ultima stagione di Stranger Things: “Dovevo solo smetterla di avere paura di chi ero davvero.” Lo stesso movimento interiore compie Persefone quando accetta di appartenere sia alla luce sia agli Inferi, e lo compie la Fenice quando comprende che il suo potere non è una condanna ma una ciclicità vitale. Undici, specchiandosi in loro, scopre che ciò che la spaventava di più - la sua storia, la sua forza, la sua sensibilità - è proprio ciò che la rende intera.

Queste tre figure narrano, ognuna a modo loro, lo stesso viaggio: la discesa nell’oscurità, la trasformazione attraverso il dolore, la rinascita come identità nuova e più vera. Per gli adolescenti con cui lavoriamo ogni giorno questo è un messaggio prezioso, perché mostra che la crescita non avviene evitando le proprie ferite, ma attraversandole con coraggio. Persefone, la Fenice e Undici ricordano che non diventiamo noi stessi nonostante il trauma, ma attraverso di esso, quando smettiamo di avere paura di chi siamo davvero e finalmente ci permettiamo di volare.

In questi personaggi il messaggio per i nostri adolescenti è che ciò che temiamo di noi - la nostra sensibilità, la nostra rabbia, la nostra vulnerabilità - è spesso ciò che, se integrato, ci rende più integri.

 

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Will Byers: la sensibilità che diventa ponte tra mondi

Will è l’adolescente che ritorna dal mondo infero trasformato, proprio come Orfeo. Porta sulla pelle il passaggio tra vita e trauma, luce e oscurità, e torna con una sensibilità amplificata che gli altri faticano a comprendere.

In un linguaggio più contemporaneo, Will somiglia a Scarlet Witch (Wanda Maximoff), una figura fragile e potentissima al tempo stesso, capace di percepire il mondo emotivo in modo intenso, talvolta doloroso. Entrambi rappresentano la sensibilità come forza, non come limite.

Will Byers, Orfeo e Scarlet Witch appartengono a universi narrativi molto diversi, ma sono uniti da una stessa dinamica simbolica: sono figure che scendono nell’oscurità senza averlo scelto e che da quell’esperienza ritornano trasformate. Will, rapito e trascinato nell’Upside Down, vive una discesa simile a quella di Orfeo negli Inferi: un incontro diretto con ciò che è invisibile e perturbante, che gli cambia per sempre lo sguardo sul mondo. Allo stesso modo, Scarlet Witch rappresenta una sensibilità segnata dal trauma, capace di percepire emozioni e realtà profonde che sfuggono agli altri.

Tutti e tre condividono il destino di chi torna dal buio con un’intuizione amplificata. Will sente ciò che gli altri non sentono, Orfeo modifica la sua arte dopo il contatto con l’ombra, Scarlet Witch trasforma la sofferenza in potere, pur pagandone il prezzo emotivo. La loro sensibilità non è semplice fragilità, ma una funzione psichica fine, capace di cogliere dimensioni sottili della realtà: un dono complesso, che richiede ascolto e cura.

Ciò che li accomuna, in fondo, è proprio questo: l’essere “troppo sensibili” in un mondo che spesso non comprende chi percepisce più profondamente. Will, Orfeo e Wanda mostrano che la vulnerabilità può diventare una risorsa, e che dalle esperienze più buie nasce spesso la possibilità di una consapevolezza nuova. Il loro percorso ricorda agli adolescenti che sentirsi diversi o troppo emotivi non è un limite, ma un tratto identitario che può trasformarsi in forza, se accolto e riconosciuto.

Il messaggio che è importante veicolare è che sentire molto non è un difetto, è un dono che va guidato, protetto, non nascosto.

 

 

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Mike Wheeler: l’eroe del cuore che attraversa il Labirinto

Mike non è l’eroe forte o invincibile, ma il ragazzo che guida attraverso il legame. Come Teseo, entra nel Labirinto della vita portando con sé un “filo” — quello dell’amore e della relazione — che lo orienta.

Nel mondo dei supereroi, Mike è vicino a Spider-Man: vulnerabile, idealista, guidato da un profondo senso emotivo e affettivo. Il suo potere non è fisico: è la capacità di restare nel rapporto anche quando è difficile.

Mike Wheeler, Teseo e Spider-Man appartengono a immaginari lontanissimi, ma condividono un tema profondo: rappresentano l’adolescente che entra nel proprio “labirinto” interiore senza avere certezze, guidato solo dal desiderio di fare la cosa giusta e di proteggere chi ama. Mike, che lotta per tenere insieme il gruppo e dare un nome ai suoi sentimenti, ricorda Teseo quando si avventura nel Labirinto: non è il più forte né il più dotato, ma è quello che non si tira indietro, che sceglie di restare accanto agli altri anche quando il percorso si fa oscuro. Allo stesso modo, Spider-Man incarna il ragazzo comune che scopre in sé una responsabilità più grande delle sue paure e che, pur tremando, decide comunque di affrontare ciò che lo spaventa.

Ciò che unisce questi tre personaggi è il coraggio emotivo, un tipo di forza che non nasce dalla potenza ma dalla fedeltà ai propri legami. Mike è l’adolescente che impara a dare voce al suo cuore, Teseo è l’eroe che trova la via grazie al filo di Arianna, Spider-Man è il giovane che comprende che ogni gesto ha conseguenze e che la vera eroicità sta nel prendersi cura degli altri senza dimenticare sé stesso. Ognuno di loro compie un viaggio nel proprio labirinto psicologico: Mike affronta la confusione tipica dell’età, Teseo si muove tra paure e prove iniziatiche, Spider-Man oscilla continuamente tra vulnerabilità e responsabilità.

Il loro insegnamento più importante è che il valore di un adolescente non si misura dalla sua invulnerabilità, ma dalla sua capacità di restare autentico mentre cresce. Mike, Teseo e Spider-Man mostrano che si può essere coraggiosi anche quando ci si sente incerti, che i sentimenti non sono un ostacolo ma una guida, e che ogni percorso di maturazione passa attraverso la scelta di “entrare nel labirinto” anziché evitarlo. Per i ragazzi, questa è una metafora preziosa: anche nelle fasi più complesse della crescita, ciò che li orienta davvero — come un filo invisibile — è la capacità di essere sinceri con sé stessi e con le persone che amano.

E’ importante riuscire ad aiutare i ragazzi ad imparare che crescere significa imparare a dire “io ci sono”, anche quando non si hanno risposte.

 

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Dustin Henderson: creatività, ironia e intelligenza emotiva

Dustin incarna l’archetipo del Trickster, simile a Hermes: colui che inventa, collega, attraversa confini. La sua ironia non è superficialità, ma un modo di elaborare la realtà, di creare soluzioni dove gli altri vedono solo ostacoli.

La sua controparte moderna è Iron Man (Tony Stark): geniale, imprevedibile, un po’ eccentrico, capace di trasformare il pericolo in possibilità. Entrambi mostrano che il pensiero creativo è una competenza psicologica preziosa.

Dustin, Hermes e Iron Man sono tre figure che, pur nascendo in universi narrativi diversi, condividono la stessa matrice simbolica: rappresentano l’ingegno che apre strade, il pensiero rapido che trova soluzioni dove gli altri vedono solo ostacoli, e la capacità di trasformare la vulnerabilità in creatività. Dustin, con il suo entusiasmo contagioso e la sua intelligenza curiosa, è l’adolescente che sa muoversi tra mondi diversi e fare da ponte tra persone differenti, proprio come Hermes, il messaggero degli dei, capace di viaggiare tra cielo, terra e Inferi. Allo stesso modo, Iron Man è il supereroe che costruisce la propria forza attraverso l’ingegno: non nasce invincibile, si costruisce da solo, pezzo dopo pezzo, trasformando il suo limite — un cuore ferito e vulnerabile — in un motore di possibilità.

Ciò che unisce questi tre personaggi è la loro funzione di mediatori. Dustin è spesso quello che scioglie le tensioni del gruppo con una battuta o un’intuizione; Hermes guida, accompagna, traduce; Iron Man si mette tra il pericolo e gli altri usando il cervello tanto quanto la tecnologia. Sono personaggi che mostrano come l’intelligenza creativa possa essere una forma di coraggio: non sempre è necessario essere i più forti, a volte basta riuscire a vedere ciò che gli altri non notano, inventare un collegamento, trovare un passaggio nascosto, immaginare una soluzione alternativa.

Dal punto di vista psicologico, rappresentano la parte dell’adolescente che sperimenta, che cerca risposte nuove, che non teme di sbagliare pur di comprendere il mondo. Dustin, con la sua fame di conoscenza, Hermes, con la sua leggerezza piena di intuito, e Iron Man, con la sua ironia che protegge un cuore complesso, ricordano che spesso la risorsa più potente che un giovane possiede è la sua mente: flessibile, curiosa, aperta. Il loro messaggio agli adolescenti è chiaro e rassicurante: non c’è un unico modo di essere eroi; a volte lo si diventa proprio restando fedeli alla propria intelligenza, alla propria creatività e alla propria capacità di unire ciò che sembra distante.

E questi personaggi veicolano il messaggio per cui  l’ironia e la creatività sono importanti strumenti di resilienza, non fughe dalla realtà.

 

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Max Mayfield: l’eroina ferita che affronta il trauma

Max ricorda da vicino Atalanta, l’eroina forte e veloce segnata da un’infanzia dolorosa. Come lei, corre per sopravvivere al proprio passato e per non essere risucchiata dall’oscurità.

Nel mondo dei supereroi, Max è affine a Black Widow, un personaggio che porta dentro di sé un trauma profondo che tenta di non farla vivere pienamente. Entrambe raccontano il percorso di guarigione come un ritorno al corpo, ai legami, alla possibilità di scegliere chi diventare nonostante le ferite.

Max, Atalanta e Black Widow raccontano lo stesso archetipo: quello dell’eroina ferita, della ragazza che impara a correre non per fuggire, ma per sopravvivere e infine ritrovarsi. Max Mayfield arriva a Hawkins con un passato duro che non nomina facilmente: porta sulle spalle il peso di una famiglia instabile, di relazioni difficili, di un dolore che preferisce nascondere dietro la musica e l’indipendenza. Il suo modo di muoversi nel mondo ricorda Atalanta, la cacciatrice mitologica cresciuta lontana da tutto, costretta a proteggere da sola la propria sensibilità mentre corre più veloce degli altri per non essere raggiunta dal destino. Allo stesso modo, Black Widow è l’eroina che ha trasformato un’infanzia fatta di manipolazione, solitudine e addestramento forzato in una forza lucida, in una capacità di resistere che nasce dal trauma e non dal privilegio.

Ciò che lega queste tre figure è la natura ambigua della loro forza: una forza che non nasce dalla sicurezza, ma dalla sopravvivenza. Max combatte i suoi demoni interiori mentre lotta contro Vecna, l’incarnazione del trauma che la paralizza; Atalanta affronta mostri e prove con una velocità che è insieme arma e difesa; Black Widow usa le sue abilità non per ostentare potere, ma per impedire che il dolore di cui è stata vittima possa ripetersi. Sono eroine che portano scritte sul corpo e nella mente le tracce della loro storia, e che proprio da quella storia traggono il coraggio di andare avanti.

Dal punto di vista psicologico, rappresentano la resilienza silenziosa degli adolescenti che vivono emozioni intense e spesso non trovano parole per esprimerle. Max, con la sua musica nelle cuffiette e grazie a un pezzo ormai iconico di Kate Bush - Running Up That Hill (A Deal with God)- che la tiene ancorata alla vita, mostra come anche una semplice canzone possa diventare un rituale di protezione. Atalanta ricorda che le ferite dell’infanzia non impediscono di diventare forti, purché si continui a correre verso la propria verità. Black Widow insegna che il coraggio più grande non è combattere i nemici esterni, ma avere la forza di guardare in faccia il proprio passato senza lasciarsene definire.

Il loro messaggio agli adolescenti è potente e intimo: non c’è nulla di sbagliato nel sentirsi feriti. Le cicatrici non tolgono valore, anzi spesso aprono la strada a una consapevolezza più profonda. Max, Atalanta e Black Widow insegnano che la vulnerabilità può convivere con la forza, e che proprio nei momenti in cui ci si sente più fragili è possibile scoprire la parte più autentica e coraggiosa di sé.

Il messaggio che volgiamo dare ai ragazzi con cui lavoriamo nel quotidiano è che  si può essere feriti e coraggiosi allo stesso tempo, e che l’integrazione di queste parti è la vera forza.

 

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Lucas Sinclair: scegliere se stessi anche quando costa

Lucas vive il conflitto tra appartenenza e autenticità, un tema incarnato da Eracle, eroe chiamato a dimostrare continuamente chi vuole essere, non per gli altri ma per sé stesso.

Il suo supereroe corrispondente potrebbe essere Captain America (Steve Rogers): un giovane che sceglie la strada dell’integrità. Come Lucas, non si chiede cosa sia più facile, ma cosa sia più giusto.

Lucas, Eracle e Captain America sembrano provenire da mondi lontanissimi, ma  sono eroi che non nascono forti, ma diventano forti attraverso le scelte che compiono. Lucas Sinclair è il ragazzo che cerca un equilibrio difficile tra il desiderio di appartenere ai “grandi” e la lealtà verso il suo gruppo; la sua adolescenza è attraversata da quel conflitto sottile tra identità sociale e identità autentica. In questo richiama Eracle, l’eroe che affronta prove gigantesche non per ambizione, ma per trovare un posto nel mondo e dimostrare, prima di tutto a sé stesso, chi è davvero. Allo stesso modo Captain America rappresenta l’idea che la forza non sia un dato di natura, ma la conseguenza dell’integrità interiore: prima del Siero del Super Soldato, una formula sperimentale ideata dal dottor Abraham Erskine, sostanza che amplifica al massimo le qualità fisiche e morali di chi lo assume, che non crea semplicemente forza: potenzia ciò che la persona è già, nel bene e nel male, Steve Rogers è un ragazzo fragile che sceglie comunque di opporsi all’ingiustizia.

Ciò che unisce questi tre personaggi è il tema della prova iniziatica. Lucas è costretto a decidere chi vuole essere quando il mondo intorno a lui cambia: gli amici diventano più complessi, i rapporti sentimentali nascono e si rompono, e la lotta contro Vecna lo mette di fronte a paure molto più grandi della sua età. Eracle affronta dodici fatiche, ma la vera “grande impresa” è imparare a governare la propria forza senza lasciarsi travolgere da essa. Captain America combatte nemici immensamente più potenti, ma la sua vera battaglia è restare fedele ai valori che lo definiscono, anche quando costano caro.

Dal punto di vista psicologico, rappresentano il processo attraverso cui un adolescente scopre che il coraggio non è un’emozione, ma un assetto interno. Lucas impara che essere forti non significa abbandonare chi si ama per essere accettati dagli altri. Eracle scopre che l’eroicità non è vincere tutte le prove, ma restare umano mentre le si affronta. Captain America mostra che il carattere è più importante dei muscoli, e che non è il potere a rendere eroi, ma il modo in cui lo si usa.

Il loro messaggio agli adolescenti è semplice e profondo: la forza autentica nasce dalla coerenza, dalla gentilezza e dalla capacità di scegliere il bene anche quando costa fatica. Lucas, Eracle e Captain America insegnano che crescere significa prendere posizione, a volte controcorrente, e che l’identità non si costruisce cercando di essere approvati da tutti, ma ascoltando ciò che dentro di noi rimane saldo anche nelle prove più dure.

L’identità è un atto di scelta, non di conformità.


 

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Vecna: l’Ombra non integrata che divora tutto

Vecna è l’archetipo dell’Ombra: ciò che non vogliamo vedere, ciò che rimuoviamo, ciò che temiamo. Come Ade, regna su un mondo sotterraneo e rappresenta il trauma non elaborato, il dolore che ritorna per essere finalmente riconosciuto.

La sua versione contemporanea è Magneto (X-Men): un personaggio la cui sofferenza ha generato distruzione. Entrambi mostrano cosa accade quando il trauma non trova un luogo relazionale in cui essere contenuto.

Vecna, Ade e Magneto appartengono a tre immaginari diversi — il soprannaturale di Stranger Things, il mito greco e l’universo dei mutanti Marvel — ma sono legati dallo stesso archetipo dell’Ombra trasformata in potere, quella parte di sé che nasce dal rifiuto, dalla solitudine o dal dolore, e che, non riconosciuta, diventa distruttiva. Vecna è l’adolescente ferito che ha interiorizzato così profondamente l’esclusione e la mancanza di appartenenza da trasformare il proprio dolore in vendetta. La sua discesa nell’oscurità non è solo fisica: è psicologica. Ricorda Ade, sovrano dell’Oltretomba, spesso frainteso e temuto, non per cattiveria ma perché rappresenta ciò che l’essere umano evita di guardare — il lato nascosto, rimosso, sotterraneo dell’esistenza. Allo stesso modo, Magneto è il mutante che porta sul corpo e sulla memoria la violenza subita nell’infanzia: un trauma che, non accolto e non elaborato, diventa la matrice del suo potere ma anche della sua radicalizzazione.

Questi tre personaggi raccontano cosa accade quando la ferita non trova uno spazio in cui essere elaborata. Vecna è il risultato di un’infanzia senza specchi emotivi, è il ragazzo che non ha mai incontrato qualcuno capace di vedere la sua sofferenza. Ade regna su un mondo che nessuno vuole visitare, diventando simbolo della parte psichica che la coscienza preferisce negare. Magneto, cresciuto sotto il peso dell’odio e della discriminazione, mostra come il trauma, se non trova un contatto riparativo, possa irrigidirsi fino a giustificare la distruzione come unica forma di protezione.

Dal punto di vista psicologico, rappresentano ciò che Jung chiamava Ombra non integrata: quella parte del Sé che non viene riconosciuta e che, proprio per questo, agisce in modo incontrollato. Vecna trasforma la sua vulnerabilità in dominio, Ade trasforma l’invisibilità in potere, Magneto trasforma la paura in controllo. Tutti e tre raccontano di adolescenti e adulti che hanno sofferto senza essere ascoltati, che hanno imparato a difendersi isolandosi e usando la forza al posto del contatto umano.

Il loro messaggio, se letto in profondità, è sorprendentemente umano: anche i “mostri”, gli antieroi e gli dei inferi sono, in realtà, il risultato di ciò che non ha potuto essere visto. Vecna, Ade e Magneto mostrano l’importanza fondamentale dell’incontro, dell’ascolto e del riconoscimento. Ricordano che ciò che non viene accolto rischia di diventare distruttivo, mentre ciò che viene compreso può trasformarsi in forza creativa. E, in questo senso, invitano gli adolescenti a non temere le parti più oscure di loro stessi, ma a cercare qualcuno che possa guardarle insieme a loro, prima che diventino troppo pesanti da portare da soli.

E’ importante ricordare sempre che la parte di noi che ignoriamo rischia di diventare la più potente contro di noi.

 

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Conclusione: il doppio linguaggio del mito e dei supereroi per parlare ai ragazzi

L’unione tra mito classico e narrazione supereroistica crea un ponte potente: due simbolismi diversi che raccontano la stessa verità psicologica. Gli adolescenti di oggi hanno bisogno di linguaggi nuovi, accessibili, visivi — ma anche di radici profonde che parlano di coraggio, ferite, trasformazione, appartenenza.

Stranger Things, una delle serie più viste dagli adolescenti degli ultimi 10 anni, con la sua frase sul finale della quarta puntata della quinta serie, ci ricorda che:


il vero “volo” non è vincere un mostro esterno, ma smettere di aver paura di sé stessi.


E quando questo accade, quando un adolescente comincia a riconoscere, contenere e integrare le sue ombre, la sua vulnerabilità si trasforma in forza. La sua storia gloriosa non è nei poteri che possiede, ma nella capacità di riconoscere chi è.


In quel momento, come i protagonisti della serie, può finalmente sentirsi libero. A volte, quasi come se potesse volare.


A cura di:

Dott.ssa Eugenia Cassandra

 
 
 
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