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NEET: un approfondimento psicosociale sul fenomeno

  • Fiori d'Acciaio
  • 29 apr
  • Tempo di lettura: 7 min

Chi sono i NEET?


Il termine NEET “Not in Education, Employment or Training” si riferisce alla popolazione di giovani compresi tra i 15 e i 29 anni, non occupata e non inserita in un percorso di istruzione o formazione (Rosina, 2015). L'uso del termine si è diffuso nel Regno Unito alla fine degli anni Ottanta ed è nato con l’intento di trovare i criteri per indagare la nuova vulnerabilità giovanile. 

Banksy|No Future
Banksy|No Future

Un pò di numeri…


Nel 2014 l’incidenza dei NEET in Italia si attestava al 26,3%. Prima della pandemia, nonostante un calo sensibile, continuava a superare il 20% (22,3% nel 2019, a fronte di una media Ue del 12,8%) (Elaborazione openpolis, 2024). Nel 2023, l'11,2% dei giovani nell'UE non era né occupato né impegnato in un percorso di istruzione o formazione (Statistics Explained, 2024), con una prevalenza del sesso femminile.

Sebbene la categoria dei NEET venga associata comunemente a quella degli Hikikomori, è importante sottolineare che il primo gruppo è caratterizzato da problematiche nell’ambito di una buona definizione della propria identità in termini professionali e di inserimento nei percorsi di studio professionale, mentre il secondo da difficoltà emotive e relazionali che pervadono ogni ambito della vita dei ragazzi e delle ragazze, da quello scolastico al rapporto con i pari, alle relazioni con le persone più significative. 

Statisticamente i ragazzi in ritiro sociale o hikikomori sono rappresentati e possono essere raggruppati all’interno della percentuale dei NEET ma, al contrario, non tutti i ragazzi e le ragazze NEET si trovavo in una situazione di ritiro sociale, o ritiro sociale estremo. 


Approfondiamo il tema NEET 


Al di là di questa differenza, il gruppo NEET riporta una buona eterogeneità dal punto di vista professionale e personale.

Si possono distinguere i NEET “attivabili” in tre gruppi: 

1) coloro che, pur avendo accesso a una buona istruzione cercano, più o meno intensamente, un’occupazione lavorativa; 

2) coloro che, pur con basse competenze, ma una buona disponibilità a riqualificarsi, vivono una condizione di precarietà lavorativa; 

3) infine, i giovani che, a causa di vissuti negativi, esperiscono un peggioramento progressivo della propria condizione economica, emotiva e relazionale. 

Questi ultimi sono i giovani più difficili da recuperare e coinvolgere, se non attraverso interventi di prossimità in grado di riaccendere la fiducia in sé stessi e il desiderio di attivarsi ancora prima di trovare un’occupazione lavorativa (Rosina, 2015). 

“Sono i giovani che hanno una mancanza di fiducia in sé stessi, giovani che piuttosto che fallire stanno immobili. Io ho in mente molto bene un’immagine: è come se fossero dei cerbiatti abbagliati dai fari di un’auto, i quali stanno fermi piuttosto che decidere se andare a destra o sinistra. Questi ragazzi sono paralizzati dalla paura di doversi mettere in gioco, oltre che molto in crisi in un periodo particolare della loro vita, ma io credo che sia una condizione di fuga” (Intervista a Noemie Roth, 2019).

Un'ipotesi sul fenomeno


Le possibili ragioni che motivano l’esistenza di tale fenomeno sono di natura politica, istituzionale, sociale, culturale, demografica ed economica, ma possono essere tutte ricondotte a due filoni di pensiero, ben esposti da Luigi Zoja (2017). L’autore sostiene che esistono NEET esogeni e NEET endogeni: i primi sono prodotti da fattori esterni, ovvero principalmente da un mercato del lavoro non in grado di integrare i giovani; i secondi, invece, sono i giovani che si auto-escludono perché si sentono sempre più estranei al circuito economico e sociale in cui vivono. 

NEET esogeni 


I giovani NEET rientrano tra le categorie di lavoratori più vulnerabili, i quali, all’interno di un mondo lavorativo flessibile, rischiano di vivere in condizioni di precarietà. Il contesto lavorativo è, per questo, da considerare come un elemento che potrebbe spiegare la nascita di tale fenomeno in due modi: il primo demoralizzando sul nascere i giovani che, vedendo gli effetti della precarietà sui coetanei, non investono nel voler entrare nel mercato del lavoro, e il secondo demoralizzando chi pur essendo all’interno del mercato lavorativo non trova costanza e sicurezza. 

Inoltre, la letteratura evidenzia la stretta relazione tra condizioni sociali e familiari e la probabilità di rientrare in questa categoria. Gli autori affermano che la trasmissione del capitale culturale di ogni famiglia, sia questa diretta o indiretta, non solo contribuisce a definire l'approccio all'istituzione scolastica, ma influenza le aspettative dei giovani. In questo senso, un basso capitale culturale può favorire scarsi rendimenti e abbandoni precoci della scuola, costituendo un fattore che contribuisce ad aumentare la probabilità di diventare NEET (Agnoli, 2014). 

“La famiglia, intesa nel senso più consueto, cioè come nucleo comunitario elementare che unisce due individui di sesso differente e la loro prole, la famiglia rappresenta il punto di intersezione di numerosi studi e ricerche, appartenenti a campi disciplinari anche molto distanti l’uno dall’altro. Questo interesse è dovuto al fatto che la famiglia è quasi universalmente riconosciuta come via maestra per l’accesso all’individualità, all’orizzonte referenziale immediato, alle modalità reattive primarie che connotano il comportamento inter-individuale; perciò essa opera, da un lato, come una specie di schema funzionale che costituisce il tramite tra l’individuo nella sua singolarità e l’individuo come elemento di quell’insieme complesso che è al società, e dall’altro come il correlato più o meno diretto di tutte quelle indagini che riguardano la formazione e normalizzazione dei comportamenti individuali e, in rapporto a ciò, la determinazione genetica delle patologie psichiche.” (Galimberti, 2018).

Da questa definizione emerge chiaramente e inequivocabilmente che dalla famiglia hanno origine molteplici connessioni tra quest’ultima come nucleo e chi ne fa parte. Lo stesso Sigmund Freud definisce la famiglia come base per lo sviluppo psichico di ogni individuo, poiché vi è una relazione tra la configurazione specifica della famiglia e il suo esito nello sviluppo del singolo individuo (Galimberti, 2018).


NEET endogeni


Se la scorsa generazione, di fronte al sentimento di sentirsi estranei a una società che non rispondeva ai bisogni dell’individuo e della collettività, ha reagito protestando contro l’esterno, nella generazione dei giovani di oggi, gli Hikikomori e i NEET compiono una fuga opposta, verso l’interno, rifiutando la società in maniera passiva. 

Secondo Galimberti (2007), la condizione culturale è depressiva; per l’individuo vi è una mancanza di prospettive e di progetti, oltre che di significati e di legami affettivi e l’ambiente culturale in cui ci si trova a vivere è un deserto di senso. Gli adolescenti, con le domande esistenziali che si ritrovano a vivere per la prima volta e la ricerca del proprio posto nel mondo che inizia a prendere forma concreta proprio a quell’età, trovano una società che è incapace di chiamarli per nome.

La conseguenza di ciò è che, quando interrogati, i giovani non sanno descrivere il loro malessere perché hanno raggiunto un analfabetismo emotivo che non consente loro di riconoscere i propri sentimenti e dargli un nome. In questa condizione di sofferenza, accompagnata da sistemi sociali e familiari complessi e fragili, il futuro non è più una promessa ma diventa sinonimo di un’imprevedibilità che paralizza l’iniziativa e spegne l’entusiasmo.


Riprendendo Goethe, secondo cui l’uomo è un essere volto alla costruzione di senso, Galimberti riconosce che, nel deserto dell’insensatezza che il nichilismo del nostro tempo diffonde, il significato del disagio delle giovani generazioni va cercato nella sua origine culturale. Infatti, la sofferenza individuale:

“non è la causa, ma la conseguenza di un’implosione culturale di cui i giovani, parcheggiati nelle scuole, nelle università, nei master, nel precariato, sono le prime vittime” (Galimberti, 2007). 

Quali interventi possibili?


I servizi che lavorano con il fenomeno NEET intervengono su due livelli: sul livello preventivo, per evitare che il fenomeno cresca tanto da essere irrecuperabile e avere forte conseguenze sulla collettività e sul livello curativo, per aiutare e recuperare chi vive questa condizione da molti anni. 

Vi sono progetti di tipo sociale che permettono a chi vi si rivolge di entrare in contatto con tutto ciò che riguarda il mondo dei mestieri, la vita lavorativa e di apprendistato, le strategie di collocamento, gli sbocchi professionali e quelli di orientamento.

Vi sono anche progetti di tipo clinico che si occupano in particolare del benessere psicologico e familiare degli adolescenti e dei giovani adulti. 

Banksy|Morning is Broken
Banksy|Morning is Broken

La nostra associazione propone diverse tipologie di servizi terapeutici in base ai bisogni dei giovani:

  • il Compagno Adulto® per adolescenti è un sostegno domiciliare integrato e personalizzato pensato in particolare per le situazioni di ritiro sociale e giovani Hikikomori. Il professionista utilizza le attività della vita quotidiana del ragazzo a scopo terapeutico e imposta insieme a lui un lavoro focalizzato sulle emozioni, sulle relazioni e sui bisogni psicologici profondi del ragazzo. L'intervento di  Compagno Adulto® può essere in questi casi propedeutico ad attività gruppali o di psicoterapia in momenti più avanzati del percorso.  

  • il Progetto Giovani Adulti è un servizio di Compagno Adulto® rivolto a giovani dai 18 ai 30 anni, che non possono o che sentono di non riuscire ad accedere ad un dispositivo terapeutico basato esclusivamente sulla parola.

  • le Attività di laboratorio hanno l’obiettivo di stimolare la socialità, in un ambiente protetto e alla presenza di figure adulte di riferimento. Questo favorisce l’esplorazione e l’incontro con l’altro efficace, gratificante e arricchente, e la promozione di obiettivi raggiungibili allo scopo di aumentare l’autostima e la percezione di autoefficacia personale. 


Per maggiori informazioni e per qualsiasi confronto o domanda, trovate tutti contatti nella nostra pagina!


Autrici:

Eleonora Romano

Maria Lidia Papa


Bibliografia 


Agnoli, M. S. (2014). “Generazione NEET. Il problema e i percorsi di ricerca.”. In Agnoli M. S. (a cura di), Generazioni sospese: Percorsi di ricerca sui giovani NEET (pp. 9-25). Milano: Franco Angeli.

Elaborazione openpolis (2024). “Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente) e Invalsi”. 

Galimberti, U. (2007). “L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani.”. Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore.

Galimberti, U. (2018). “La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo.” Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore.

Oberti, V. (2019). “Intervista a Noemie Roth” In Lo sguardo istituzionale e sociale di chi si occupa del fenomeno NEET”. 

Rosina, A. (2015). “NEET: Giovani che non studiano e non lavorano.”. Milano: Vita e Pensiero.

Statistics Explained (2024). “Statistics on young people neither in employment nor in education or training”. 

Zoja, L. (2017). Jung, i neet e gli hikikomori. Animazione sociale (309), pp. 11 - 22.

 
 
 

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